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Dr. Hans Heinrich Reckeweg
L’Omotossicologia o Omeopatia antiomotossica viene definita come metodica medica appartenente all'area delle medicine alternative basata sullo studio dei fattori tossici per l’uomo, chiamati omotossine, identificati come la causa cui ricondurre etiologicamente tutte le malattie. L'omotossicologia viene considerata una corrente (per alcuni uno sviluppo) dell'omeopatia.
Alla fine del 1700 Samuel Hahnemann pubblicò i primi lavori riguardanti l’Omeopatia. Allora la Medicina era qualcosa di mal definito e poco scientifico. Il medico di allora aveva poche armi terapeutiche e ancor meno possibilità diagnostiche: non esisteva il termometro, non esisteva il fonendoscopio. E’ in questo contesto che il medico sassone concepisce il suo metodo diagnostico: i sintomi riferiti dal paziente, e indagati minuziosamente dal medico, sono le “parole” con cui “si racconta” la malattia. Hahnemann avvelendosi dei suoi studi di farmacista aveva constatato che intossicando soggetti sani con dosi sub-ponderali di sostanze attive, si potevano evocare in essi sintomi transitori ma molto netti e definiti[4]. Egli concluse che ad ogni sostanza corrisponde un quadro sindromico sperimentale (come dire: una malattia medicamentosa artificiale); questo quadro sintomatologico è detto Materia Medica del rimedio. Quando Materia Medica della sostanza e insieme dei sintomi patologici del paziente corrispondono, sono cioè totalmente sovrapponibili, per curare la malattia si somministra al paziente la stessa sostanza, ma sotto forma di rimedio omeopatico, cioè in dosi infinitesimali, perchè è a quelle dosi che si può eccitare, usando le parole di Hahnemann “la forza vitale del malato”, cioè la sua capacità di autoguarigione.
L’Omotossicologia prende le mosse dall’Omeopatia. Essa nacque più di 50 anni fa per opera del Dr. Hans Heinrich Reckeweg (Herford, 1905 - Zurigo, 1985). Egli ha elaborato e sistematizzato le sue intuizioni medico-scientifiche nel corpus dottrinale conosciuto con il nome di Omotossicologia o Omeopatia Anti-Omotossica, ha formulato farmaci omeopatici complessi in diluizione decimale e introdotto nella farmacopea omeopatica nuove sostanze (nuovi ceppi di nosodi, organoderivati di suino, catalizzatori del Ciclo di Krebs, chinoni). L’Omotossicologia, pur affondando le sue radici nell’Omeopatia, volge lo sguardo alla moderna Fisiopatologia e a questa si rifà in sede di diagnosi, avvalendosi in sede di terapia di sostanze preparate secondo i canoni della farmacopea omeopatica e della sperimentazione patogenetica. L’impostazione omotossicologica rifiuta ogni forma di integralismo terapeutico per cercare un punto di contatto tra le basi teoriche dell’Omeopatia hahnemanniana ed il rigore clinico e la validazione scientifica peculiari della Medicina convenzionale attuale. Il contributo portato da Reckeweg, padre dell’Omotossicologia, all’evoluzione del pensiero medico omeopatico, è consistito nell’essersi impegnato nella ricerca per fornire una base scientifica e sperimentale ai fondamenti della scienza omeopatica.
L’Omotossicologia ha portato ad un ampliamento della farmacologia omeopatica, e la disponibilità di nuovi rimedi, ad integrazione sinergica e complementare della già vasta farmacopea omeopatica, ha allargato gli orizzonti di cura: queste ulteriori opportunità terapeutiche abbracciano la quasi totalità dei quadri morbosi definiti non solo in specifiche entità nosologiche descritte ed individuabili, ma anche in evenienze patologiche polimorfe che, tuttora sfuggono a precise classificazioni, variamente espresse secondo il vissuto somato-psichico-emozionale individuale, talvolta subdole e di impossibile, chiaro inquadramento clinico. Reckeweg introduce la Tavola delle Omotossicosi, quadro sinottico delle patologie, in cui ogni alterazione di organi o Sistemi è messa in correlazione con quella che in Omeopatia viene chiamata la forza vitale del paziente (da Reckeweg identificata con il potenziale reattivo del soggetto). Tramite l’inquadramento della patologia in tale tavola è possibile definire lo status praesens del paziente e, attraverso gli opportuni farmaci omeopatici-omotossicologici, formulare una proposta terapeutica individuale (in ossequio ad uno dei cardini dell’Omeopatia hahnemanniana: l’individualità).
Inoltre l’Omotossicologia ha consentito l’avviamento di un filone di ricerca che, facendo riferimento in particolare alla Biochimica, all’Immunologia ed alla Biologia Molecolare[8] potesse sostenere il confronto come Medicina basata sull’evidenza. Grazie a questi filoni di ricerca ed all’impegno profuso nella direzione della validazione scientifica i principi fondatori dell’Omeopatia, Similitudine e Dosi infinitesimali, hanno trovato suffragio sperimentale (vedi in seguito il paragrafo dedicato a La Farmacologia Omotossicologica).
Principi dell’Omotossicologia
Qualunque organismo è continuamente attraversato da un’enorme quantità di sostanze di provenienza esogena (batteri, virus, tossine alimentari, fattori di inquinamento ambientale, ecc.) ed endogena (prodotti intermedi dei diversi metabolismi, cataboliti finali, ecc.) che possono avere valenza patogenica. In accordo alla teoria di von Bertanlanffy, secondo cui l’organismo è un sistema di flusso in equilibrio dinamico, se l’omotossina non è particolarmente “virulenta” e se i sistemi emuntoriali sono efficienti, essa attraversa l’organismo-sistema di flusso senza determinare alcuna interferenza nella sua omeostasi, che resterà pertanto nella condizione di equilibrio, cioè di salute. Se viceversa, o perchè la tossina è particolarmente “aggressiva” o perchè i sistemi emuntoriali non sono sufficienti, si determina un’alterazione dell’equilibrio, che l’organismo, nella sua naturale tendenza verso il mantenimento o il ripristino della sua “omeostasi ristretta” (Laborit), cerca di compensare innescando meccanismi supplementari di tipo autodifensivo: le malattie. Secondo l’Omotossicologia la malattia è da interpretare come la risultante che scaturisce dall’interreazione tra noxa patogena, fattori ambientali e soprattutto reattività: le malattie sono l’espressione della lotta dell’organismo contro le tossine, al fine di neutralizzarle ed espellerle; ovvero sono l’espressione della lotta che l’organismo compie per compensare i danni provocati irreversibilmente dalle tossine . A seconda dell’entità dell’aggressione e dell’integrità del sistema difensivo autologo (che Reckeweg chiama Sistema della Grande Difesa), l’organismo manifesta quadri clinici differenti che si possono classificare in 6 fasi. Nella sua Tavola delle Omotossicosi (quadro sinottico che classifica le diverse patologie), Reckeweg rappresenta i vari gradi di reattività attraverso i quali l’organismo cerca di mantenere o ripristinare la sua omeostasi, il suo equilibrio, il suo stato di salute. Ogni fase rappresenta l’espressione delle diverse capacità reattive (infiammatorie) dell’organismo, l’espressione di altrettanti tipi di equilibri di flusso raggiunti dall’organismo per conservare la propria omeostasi ristretta. Si distinguono 2 fasi Umorali, 2 fasi della Sostanza Fondamentale e 2 fasi Cellulari.
• Le Fasi Umorali rappresentano situazioni patologiche in cui la prognosi è favorevole, in quanto espressioni di una buona reattività. Si distinguono: - la Fase di escrezione: le tossine non arrivano neanche in contatto con le cellule epiteliali delle mucose, ma vengono inglobate ed espulse con le secrezioni fisiologiche; - la Fase di reazione (o di Infiammazione): grazie al processo dell'infiammazione, l'organismo neutralizza prima, ed espelle poi, le tossine entrate nel sistema di flusso.
• Le Fasi della Sostanza Fondamentale rappresentano situazioni patologiche in cui il carico omotossinico è localizzato, dapprima, a livello della matrice e poi a livello cellulare. Si distinguono: - la Fase di deposito: in questo stadio di malattia l'organismo, nell'intento di mantenere inalterato il suo equilibrio, accantona a livello connettivale quelle tossine che gli emuntori non sono riusciti ad espellere, e che la successiva, compensatoria, fase di reazione non è riuscita a neutralizzare; - la Fase di impregnazione: a partire da questa fase le tossine sono localizzabili non più a livello del mesenchima ma del parenchima; infatti esse vengono canalizzate a livello organico verso un "locus minoris resistentiae" espressione di una meiopragia costituzionale o iatrogenica. Inglobate a questo livello, in parenchimi nobili, iniziano a destrutturare la cellula attaccando per primi i suoi meccanismi enzimatici.
• Le Fasi Cellulari rappresentano situazioni patologiche in cui la prognosi non è più favorevole, in quanto espressioni della scarsa reattività tipica di una alterazione lesionale. Si distinguono: - la Fase di degenerazione: il perdurare dell'accumulo di tossine di impregnazione determina, dopo il parziale blocco enzimatico, il danno dell'organulo intracellulare, e la conseguente degenerazione dei tessuti; - la Fase di differenziazione: la stimolazione infiammatoria cronica della cellula può determinare la sua differenziazione in cellule anomale che, anche per il contemporaneo indebolimento-sovvertimento delle difese organiche, possono prendere il sopravvento sull'intero organismo. Partendo da queste considerazioni, H.H. Reckeweg osservò e descrisse un fenomeno di grande interesse: la vicariazione, cioè lo spostamento della malattia da un tessuto all’altro, da un organo all’altro. La vicariazione può avere una prognosi positiva (in questo caso è detta “regressiva” e corrisponde al processo di guarigione naturale) o, viceversa, negativa (in questo caso è detta “progressiva” e coincide, per esempio, con il processo di cronicizzazione). La terapia omotossicologica si pone come obiettivo l’innesco della vicariazione regressiva, biologicamente favorevole e caratterizzata dalla riattivazione delle funzioni disintossicanti, dalla tendenza all’escrezione delle omotossine e dalla comparsa di recidive di fasi precedenti.
Inoltre l’Omotossicologia ha consentito l’avviamento di un filone di ricerca che, facendo riferimento in particolare alla Biochimica, all’Immunologia ed alla Biologia Molecolare[8] potesse sostenere il confronto come Medicina basata sull’evidenza. Grazie a questi filoni di ricerca ed all’impegno profuso nella direzione della validazione scientifica i principi fondatori dell’Omeopatia, Similitudine e Dosi infinitesimali, hanno trovato suffragio sperimentale (vedi in seguito il paragrafo dedicato a La Farmacologia Omotossicologica).
Principi dell’Omotossicologia
Qualunque organismo è continuamente attraversato da un’enorme quantità di sostanze di provenienza esogena (batteri, virus, tossine alimentari, fattori di inquinamento ambientale, ecc.) ed endogena (prodotti intermedi dei diversi metabolismi, cataboliti finali, ecc.) che possono avere valenza patogenica. In accordo alla teoria di von Bertanlanffy, secondo cui l’organismo è un sistema di flusso in equilibrio dinamico, se l’omotossina non è particolarmente “virulenta” e se i sistemi emuntoriali sono efficienti, essa attraversa l’organismo-sistema di flusso senza determinare alcuna interferenza nella sua omeostasi, che resterà pertanto nella condizione di equilibrio, cioè di salute. Se viceversa, o perchè la tossina è particolarmente “aggressiva” o perchè i sistemi emuntoriali non sono sufficienti, si determina un’alterazione dell’equilibrio, che l’organismo, nella sua naturale tendenza verso il mantenimento o il ripristino della sua “omeostasi ristretta” (Laborit), cerca di compensare innescando meccanismi supplementari di tipo autodifensivo: le malattie. Secondo l’Omotossicologia la malattia è da interpretare come la risultante che scaturisce dall’interreazione tra noxa patogena, fattori ambientali e soprattutto reattività: le malattie sono l’espressione della lotta dell’organismo contro le tossine, al fine di neutralizzarle ed espellerle; ovvero sono l’espressione della lotta che l’organismo compie per compensare i danni provocati irreversibilmente dalle tossine . A seconda dell’entità dell’aggressione e dell’integrità del sistema difensivo autologo (che Reckeweg chiama Sistema della Grande Difesa), l’organismo manifesta quadri clinici differenti che si possono classificare in 6 fasi. Nella sua Tavola delle Omotossicosi (quadro sinottico che classifica le diverse patologie), Reckeweg rappresenta i vari gradi di reattività attraverso i quali l’organismo cerca di mantenere o ripristinare la sua omeostasi, il suo equilibrio, il suo stato di salute. Ogni fase rappresenta l’espressione delle diverse capacità reattive (infiammatorie) dell’organismo, l’espressione di altrettanti tipi di equilibri di flusso raggiunti dall’organismo per conservare la propria omeostasi ristretta. Si distinguono 2 fasi Umorali, 2 fasi della Sostanza Fondamentale e 2 fasi Cellulari.
• Le Fasi Umorali rappresentano situazioni patologiche in cui la prognosi è favorevole, in quanto espressioni di una buona reattività. Si distinguono: - la Fase di escrezione: le tossine non arrivano neanche in contatto con le cellule epiteliali delle mucose, ma vengono inglobate ed espulse con le secrezioni fisiologiche; - la Fase di reazione (o di Infiammazione): grazie al processo dell'infiammazione, l'organismo neutralizza prima, ed espelle poi, le tossine entrate nel sistema di flusso.
• Le Fasi della Sostanza Fondamentale rappresentano situazioni patologiche in cui il carico omotossinico è localizzato, dapprima, a livello della matrice e poi a livello cellulare. Si distinguono: - la Fase di deposito: in questo stadio di malattia l'organismo, nell'intento di mantenere inalterato il suo equilibrio, accantona a livello connettivale quelle tossine che gli emuntori non sono riusciti ad espellere, e che la successiva, compensatoria, fase di reazione non è riuscita a neutralizzare; - la Fase di impregnazione: a partire da questa fase le tossine sono localizzabili non più a livello del mesenchima ma del parenchima; infatti esse vengono canalizzate a livello organico verso un "locus minoris resistentiae" espressione di una meiopragia costituzionale o iatrogenica. Inglobate a questo livello, in parenchimi nobili, iniziano a destrutturare la cellula attaccando per primi i suoi meccanismi enzimatici.
• Le Fasi Cellulari rappresentano situazioni patologiche in cui la prognosi non è più favorevole, in quanto espressioni della scarsa reattività tipica di una alterazione lesionale. Si distinguono: - la Fase di degenerazione: il perdurare dell'accumulo di tossine di impregnazione determina, dopo il parziale blocco enzimatico, il danno dell'organulo intracellulare, e la conseguente degenerazione dei tessuti; - la Fase di differenziazione: la stimolazione infiammatoria cronica della cellula può determinare la sua differenziazione in cellule anomale che, anche per il contemporaneo indebolimento-sovvertimento delle difese organiche, possono prendere il sopravvento sull'intero organismo. Partendo da queste considerazioni, H.H. Reckeweg osservò e descrisse un fenomeno di grande interesse: la vicariazione, cioè lo spostamento della malattia da un tessuto all’altro, da un organo all’altro. La vicariazione può avere una prognosi positiva (in questo caso è detta “regressiva” e corrisponde al processo di guarigione naturale) o, viceversa, negativa (in questo caso è detta “progressiva” e coincide, per esempio, con il processo di cronicizzazione). La terapia omotossicologica si pone come obiettivo l’innesco della vicariazione regressiva, biologicamente favorevole e caratterizzata dalla riattivazione delle funzioni disintossicanti, dalla tendenza all’escrezione delle omotossine e dalla comparsa di recidive di fasi precedenti.